IL RITORNO DELLE BUONE MANIERE: BUSINESS & ETIQUETTE CON EDDA ABBAGLIATI

In molti ritengono che il Galateo nell’universo personale e professionale sia ormai superato. Niente di più sbagliato! Le buone maniere e la cortesia sono un aspetto fondamentale che distingue positivamente ogni persona ed ogni professionista favorendo ogni tipo di relazioni. Conoscere le regole e i codici di comportamento più idonei da adottare in qualsiasi circostanza pubblica e sociale è uno strumento per sentirsi più sicuri e disinvolti in qualsiasi contesto, senza commettere gaffes.

Nel mondo del Beauty l’etichetta e la cortesia sono parte integrante del servizio e del prodotto, la mancanza di stile di molti può pregiudicare la reputation dell’azienda con grave perdita di clienti e danni d’immagine.

La buona educazione e lo stile non devono essere esclusiva di un gruppo di elite, dobbiamo tornare ad insegnare le buone maniere, la cortesia e la gentilezza nelle famiglie e nelle scuole.

Ne parlo in questa intervista con la Dott.ssa Edda Abbagliati, Etiquette Trainer, autrice del libro Business & Etiquette efondatrice della Edda Accademia di Stile, un esclusivo programma di corsi dedicati al Galateo e al Protocollo nella vita privata e professionale.

GA: Edda, lei ha fondato un’Accademia di Stile con programmi dedicati ad insegnare il Galateo nella vita e nella professione. Perché secondo lei la conoscenza delle regole generali dell’etichetta da adottare ad ogni occasione è così importante nella vita e nella professione?

EA: La conoscenza delle regole del Galateo (scritte e non scritte) ci aiuta a destreggiarci meglio nella nostra vita sociale e professionale. Difficilmente abbiamo una vita sociale attiva che non sia in parte correlata al nostro ambiente di lavoro.

Fare errori “basilari” nella vita sociale e professionale non aiuta la nostra immagine e può essere un ostacolo alla nostra crescita professionale.

Possiamo dire che la mancanza di conoscenza di queste regole può complicare l’ascesa nella nostra carriera professionale, qualunque essa sia.

Trattare con il pubblico, portare avanti trattative, mantenere buone relazioni all’interno dell’azienda, vedono un maggiore successo se rispettiamo le buone maniere.

GA: Lei ha una grande esperienza e un’altissima formazione in travel management e in contesti internazionali. Io per lavoro viaggio moltissimo e spesso mi trovo ad osservare atteggiamenti superficiali nel rapporto con il cliente che rivelano una totale carenza di etica professionale e, a volte, anche di educazione. Mi chiedo spesso perché in questi casi si sia scelto di intraprendere un’attività che implica il rapporto diretto col cliente, se poi non si conoscono le basi delle buone maniere e dell’accoglienza. Secondo lei come fa un’azienda a scegliere i collaboratori e a formarli in questo senso? Nel suo libro Business & Etiquette parla anche di Cross Culture. Cosa intende esattamente?

EA: Sono pienamente d’accordo con la sua opinione. Mi pongo questa stessa domanda più regolarmente di quanto vorrei. Si tratta infatti di un fenomeno generalizzato e globale, cresciuto eccessivamente negli ultimi decenni. Dopo anni di esperienza, credo che fondamentalmente NON esista un vero concetto di servizio. Adesso lo chiamano “ESPERIENZA” (cercando di dare una connotazione positiva), ma alla fine potrebbe risultare tremendamente NEGATIVA.

Un buon prodotto, se NON è accompagnato dalla FORMA corretta, rischia di diventare un’Esperienza Negativa.

A mio parere il problema delle aziende si trova principalmente in due aree: Direzione generale e Risorse umane.

1-Direzione generale

È probabile che al momento di assumere nuovo personale, si tenda a prediligere le skills classiche tecniche, senza tener conto delle “soft skills” o abilità trasversali.

2-Risorse umane

Le Risorse Umane NON conoscono questa materia e NON sanno come rilevare questo tipo di carenza. Secondo me il settore del Beauty è quello che dovrebbe essere formato per primo. Se le risorse umane sono in grado di comprendere le “sfumature” e l’importanza della “forma”, a quel punto si trovano in una posizione migliore per assumere le persone giuste.

Per Cross Cultural Etiquette intendo quelle regole che ci aiutano ad interagire e ad avere rapporti con culture diverse dalla nostra. Ogni cultura ha una propria storia, una religione, una lingua diversa, tradizioni,  usi e costumi che variano dai nostri.

Conoscere le regole di comportamento che caratterizzano le culture diverse dalla nostra ci aiuta ad aprire contatti più facilmente e a fare business in modo corretto. Invece credere che tutti reagiscano, agiscano e negozino esattamente come noi, finisce per rivelarsi sempre un grande errore.

GA: Da molti anni seguo i ragazzi delle Scuole professionali della Bellezza. L’attività lavorativa nel settore beauty prevede il contatto, il tocco. Per questo ritengo che un modulo formativo dedicato alle regole di comportamento debba essere integrato nella scuole professionali. Secondo lei un argomento così importante come le buone maniere come può essere appreso se nessuno le insegna? Dedicandocisi personalmente o solo rifacendosi all’educazione impartita dalle famiglie?

EA: Il problema di fondo si trova proprio all’interno della famiglia, che da molti anni è totalmente “assente”. Questo fenomeno l’ho riscontrato anche nella mia Accademia dove molti degli iscritti sono professionisti (medici, scienziati, avvocati, ecc.) che una volta arrivati ad un certo livello della loro carriera professionale, comprendono di avere delle lacune. Tutti loro – e senza eccezioni -, mi confidano che attribuiscono queste mancanze in larga misura all’educazione ricevuta a casa.

D’altra parte, le scuole e l’istruzione superiore non hanno mai tenuto conto di queste “competenze trasversali”, credendo che con la sola formazione tecnica si possa avere successo nella vita. La verità è che non è così!

La mia idea è sempre stata quella di aiutare tutte le categorie: dai professionisti alle aziende ai centri di formazione, che rispecchiano ambienti molto diversi tra loro. E ho capito che a un certo punto della vita, tutti noi abbiamo bisogno di questo tipo di formazione. Ma si tratta di una materia che non è riconosciuta ufficialmente.

Nella mia Accademia, fin dall’inizio abbiamo offerto e realizzato corsi molto diversi tra di loro: Master, Corsi Avanzati, Università, ecc. È l’unica forma di divulgazione che noi abbiamo. Tutti i nostri corsi sono infatti “su misura” e vengono adattati alle esigenze specifiche dei nostri clienti.

Possiamo anche aggiungere che con il passare degli anni, alcune società ed enti di formazione si avvicinano sempre di più a queste competenze trasversali. Personalmente ritengo che questa pandemia cambierà molte cose. La principale è “mettere la persona al centro”. Che si tratti di un cliente, di un impiegato, o di un fornitore, poco cambia! La “forma” e i “modi” faranno la differenza.

GA: Il Galateo contempla tutte le regole che dovrebbero essere rispettate nella vita sociale e professionale e che riflettono ogni azione che noi facciamo. Sono così tante e altrettante sono le domande che le vorrei porre, ma se dovesse stilare un decalogo da offrire ai giovani per orientarli verso i primi passi delle buone maniere nella vita sociale e professionale, che indicazioni darebbe?

EA: Io sostengo che i primi passi devono essere quelli essenziali. Dopo si cresce pian piano. Ad ogni modo, in questo decalogo non devono mancare:

1) L’attenzione alla propria immagine. La nostra immagine non significa “abito griffato”, anzi! Significa una corretta cura di noi stessi, con una corretta igiene. Può sembrare banale, ma vi assicuro che non si deve dare per scontata. Questi problemi li ho visti da vicino, ed in qualche occasione siamo stati chiamati a intervenire proprio su questo tema. Quando ricordo questi clienti, mi sento come SOS TATA! (Il programma della tv italiana) -ride-

Insomma si tratta di una questione complessa. Soprattutto nelle aziende, nè i manager nè le risorse umane “osano” affrontarla perché comporta una certa sensibilità.

2) Il controllo e l’eliminazione delle abitudini sbagliate. Tra queste cattive abitudini ci sono il linguaggio (non solo povero, ma spesso accompagnato da imprecazioni costanti), cattive posture, tic che nessuno ha mai corretto.

3) Un tono di voce pacato, no all’eccessiva gestualità. Questi punti non sono mai piacevoli.

4) Saper salutare e presentare altre persone è di fondamentale importanza. Non conoscere le regole dei saluti e delle presentazioni può portarci a commettere gravi gaffes.

5) Essere costantemente ben informati. Una persona informata su ciò che sta accadendo intorno a lui e nel mondo ha più possibilità di aprire le sue porte in ambito professionale. Una domanda costante che mi fanno è: “Di cosa parlo se sono invitato a una cena di lavoro e non conosco il resto dei partecipanti?” In questi casi esistono delle regole precise a livello nazionale e internazionale per evitare imbarazzi.

6) Netiquette: nel mondo dei social network in cui viviamo è di fondamentale importanza avere sotto controllo il linguaggio che usiamo, il livello di aggressività, il sarcasmo, le immagini che utilizziamo e il controllo delle fake news.

Tutto ciò che pubblichiamo può andare a favore o contro di noi, a seconda di ciò che abbiamo pubblicato e di cui abbiamo lasciato traccia. Le aziende e i recruiter ora controllano i canali social dei candidati.

7) La cortesia e la gentilezza come strumenti di vendita. Nel mondo in cui viviamo oggi, il nostro prodotto può essere sostituito da un altro. Il nostro atteggiamento invece NO!

Tendiamo a costruire relazioni prima di acquistare, contrattare, iniziare un business, ecc.  Se la relazione è cortese, gentile e corretta, quel cliente o contatto non andrà mai perso.

8) Imparare a saper fare a meno del cellulare in determinati momenti. Nonostante il cellulare ci aiuti nella nostra vita personale e professionale di tutti i giorni, dobbiamo riconoscere che NON sempre risulta nostro alleato. Dobbiamo imparare a distinguere (senza che ci venga richiesto) quali sono i momenti in cui questa tecnologia deve essere messa da parte. Non temiamo di tenere spento il cellulare.

9) Usare sempre le espressioni:

PER FAVORE e GRAZIE

Saper chiedere con gentilezza e saper ringraziare sono UN’ARTE. Quest’arte si impara applicandola ogni giorno, e paga sempre!

10) Imparare gli standard minimi del Galateo a tavola.

Il buon comportamento a tavola è qualcosa che dovremmo esercitare durante tutta la nostra vita, sia nella nostra sfera sociale sia lavorativa, perché gli errori a tavola sono tra quelli che si notano di più.

GA: Complice la pandemia, nell’ultimo anno sono cambiati completamente i paradigmi delle relazioni sociali e professionali. È intervenuta la distanza e la paura di incontrare l’altro. Il contatto è diventato quasi un pericolo e un’offesa. Quali sono secondo lei le regole alle quali dovremmo appellarci per ricreare una nuova socialità che rispetti la salute e l’umanità?

Per continuare a socializzare in questo periodo di “pandemia”, per ora, penso che dovremmo usare le buone maniere (a 360 gradi), un sorriso naturale (se non abbiamo la mascherina), il nostro sguardo e la gentilezza. Ricordiamoci che, anche se il sorriso è coperto, gli occhi riescono a parlare e a comunicare agli altri rispetto ed empatia.

Personalmente, penso che con il tempo, torneremo gradualmente alla normalità. Ci vorrà del tempo, ma culture come quelle latine non possono vivere senza il contatto fisico.

GA: Da imprenditore appassionato di business e di etichetta le chiedo di aiutarmi a risolvere un dubbio in merito al dresscode aziendale. Sono convinto che all’interno dell’azienda ci voglia un codice di appartenenza identitario e comune, quindi un dresscode che coniughi tutti i partecipanti al team aziendale. Questo però viene spesso vissuto come un dovere ad indossare una divisa, quindi come una sorta di omologazione. Qual è la scelta giusta? Quale consiglio mi darebbe? Promuovere l’idea di un dresscode o lasciare tutto alla casualità?

EA: Si tratta di un argomento del “tutto Italiano”, che non accade in altre culture e che porta sempre ad avere delle discussioni. La verità è che se si analizza l’impressione che un italiano ha di una persona in divisa, come può essere un pilota, la hostess, il ferroviere, il personale nelle navi o negli hotel ecc., in generale trova l’immagine molto positiva. Se invece deve essere applicato all’azienda privata dove lavora, diventa un “problema”.

In ogni caso mi ritengo una persona che predilige il Dress Code per i seguenti motivi:

  1. Una divisa aiuta ad eliminare alcune distanze sociali. È un modo elegante per evitare le differenze all’interno delle aziende.
  2. Aiuta l’economia personale, poiché l’unico impegno che si deve avere a riguardo è mantenere la propria divisa in ordine, sempre pulita e pronta all’utilizzo. In questo modo risparmio nell’acquisto compulsivo del mio guardaroba di lavoro.

3. Crea un senso di appartenenza.

Secondo me, la casualità crea molti più problemi rispetto alla scelta di una divisa. La casualità può portare anche a situazioni estreme, che nel tempo possono diventare scomode. Ad esempio: se l’azienda stabilisce il casual Friday e viene lasciato alla discrezione della persona senza specificare le regole, troveremo bermuda e infradito da spiaggia (io l’ho vissuto).

Noi aiutiamo e consigliamo i nostri clienti nella creazione e/o revisione del Manuale Aziendale di Etichetta, all’interno del quale studiamo congiuntamente il DRESS CODE. Un buon coinvolgimento di DRESS CODE con i capi settore, porta generalmente a buoni risultati. L’immagine dell’azienda migliora notevolmente anche il senso di appartenenza.

Non nego che in questo caso mi identifico personalmente, poiché per molti anni della mia vita ho indossato un’uniforme. Ho fatto tutti i miei studi, dalla scuola materna alla maturità in scuole inglesi, portando la divisa, e ciò mi ha sempre fatto sentire molto bene. Non sono traumatizzata affatto! Durante i miei studi universitari in Spagna avevamo una divisa per visite speciali in hotel, centri turistici, viaggi di lavoro, presenza in fiere, ecc. e non mi sono mai sentita omologata. Ognuno di noi aveva la sua personalità e seguiva i suoi studi secondo le sue capacità. La divisa ha rappresentato solo l’immagine corretta durante il periodo di studi.

La mia opinione: promuovere un DRESS CODE è sempre positivo!

GA: Oggi in un mondo in cui la fluidità di genere è diventata una nuova normalità, esiste ancora uno spazio per la galanteria o davvero si rischia di essere mal interpretati? In pratica è possibile coniugare il desiderio di emancipazione ed indipendenza femminile con l’istinto di protezione dell’universo femminile che ancora alcuni uomini, tra cui il sottoscritto, hanno il piacere di manifestare?

EA: Secondo me la galanteria si deve usare sempre. Quindi la risposta è: sì! Certamente!…Con un po’ di cautela e buon gusto. In questo caso posso dire che ci sono culture con le quali la galanteria, per come la intendiamo noi, può essere controproducente. Questo sarebbe un tipico caso di Cross Cultural Etiquette. Ma ne parliamo la prossima volta…