Connessioni tra Teatro, Scienza e Bellezza. Intervista ad Alex Gezzi

La narrazione è una necessità assoluta per l’essere umano, un modo per comprendere se stessi, ciò che ci circonda e per trasmetterlo agli altri. Un grande esperto di narrazione di Bellezza è Alex Gezzi, medico, dermatologo, professore universitario, docente di PNEI, artista e attore. Un vero prodigio di talenti.

Alex Gezzi è Fondatore del TEATROSCIENZA, un progetto di teatralizzazione della Scienza che riconosce le proprie origini nel teatro di narrazione.

Ne parla oggi con me, mostrandomi come un sapere intrecciato con più discipline riesca a comunicare efficacemente e arrivare al cuore delle persone, che rimangono umane solo vivendo di arte, poesia e Bellezza a tutti i livelli.

GA: Gezzi, ci racconti cos’è il TEATROSCIENZA e com’è nata questa idea.

AG: L’idea del TEATROSCIENZA è nata da una necessità di evolvere dopo una vita fatta in solitudine con i miei racconti. Ho trovato necessario allargare quel linguaggio e concedergli nuova forma. Il progetto parte insomma da un bisogno di amplificare il modo di comunicare, di allargare la platea di chi già mi segue, e l’ho fatto con la collaborazione di una danzatrice acrobatica, attrice e docente di latino e greco antico Elena Pavoni, e di Eugenio Squarcia un musicista eclettico, artista, attore, scrittore; riuscendo a coinvolgere, quindi, danza e musica.

GA: Cosa vuole comunicare con il teatro?

AG: Credo di voler comunicare una forma di speranza, di ottimismo. Quello che realizzo con il teatro è un augurio di buon viaggio fatto attraverso la cultura, attraverso questi miei racconti che inglobano, poi, le mie competenze di dermocosmetologia, per arrivare ad esprimere la Bellezza.

Per me il Teatro Scienza è un tentativo di uscire dal buio dell’esistenza che oggi ci avvolge. In fondo il teatro serve proprio ad inventare mondi e a frequentarli per uscire dalle tenebre che inevitabilmente avvolgono la vita di ognuno di noi.

GA: Può spiegare come Scienza e discipline umanistiche/artistiche possano convivere insieme, anzi trarre arricchimento l’una dall’altra?

AG:  Ad essere sincero non ho mai capito questa dicotomia. Come gli uomini del Rinascimento o dell’antica Éllade, non riesco a scindere l’arte dalla scienza, le sento complementari e necessarie l’una all’altra. Questo lo osserviamo in grandi pensatori della storia provenienti da ambiti e ambienti molto diversi e che nel proprio pensiero rivelano “contaminazioni” di saperi apparentemente lontani dal loro campo specifico. Ad esempio se leggiamo uno scritto di A. Einstein ci sembra l’opera di un religioso; se leggiamo uno scritto del Dalai Lama, ci sembrano le parole di uno scienziato. Ma è proprio per questa “cultura ad ampio spettro” che risultano così speciali, innovativi e originali.

Io vengo da Ferrara, la città dove ha vissuto il grande poeta Ariosto che durante il Rinascimento si era messo in testa di raggiungere la luna perché nella faccia oscura di quel pianeta – quella che poi verrà cantata dai Pink Floyd diverso tempo dopo – si diceva avessero nascosto la Bellezza. Ariosto voleva quindi recuperare questa Bellezza, e vi riuscì a cavallo dell’Ippogrifo in una delle sue opere più celebri. Fantastico per un artista del ‘500! Ma bisogna dire che alcuni anni dopo, qualcuno sulla luna ci è andato veramente. Con tecnologie avanzatissime, la Nasa realizzò realmente questo viaggio. Quindi la vera domanda è: l’artista è stato Ariosto che immaginava di andare lì o sono stati i tecnici della Nasa i veri poeti? Io credo che in entrambi i casi si trattasse di uomini a tutto tondo. Tanto scienziati quanto poeti. Uomini senza barriere. Senza vincoli alla propria immaginazione. Come il loro, anche il nostro pensiero dovrebbe essere libero e fluido. In quest’epoca non è facile essere liberi ma dovremmo sforzarci di esserlo, almeno di mentalità. Non può esserci una barriera tra una scienza e l’altra, deve esserci un sapere universale, che è il sapere Umano. Basti pensare agli antichi Zen dell’oriente per capire cos’è la cultura: cioè l’Universo, il senso di un tutto che comprende il particolare nelle sue sfaccettature.

GA: Noi siamo creati per la Bellezza, siamo plasmati da lei, ci mantiene in vita. Per questo siamo spinti a cercarla e a crearla a nostra volta. Ma la Bellezza si può creare solo facendone esperienza. Bisogna viverla, respirarla, guardarla, toccarla, ascoltarla, …bisogna circondarsene. Non si può vivere il brutto e creare il bello.
Che cos’è per lei la Bellezza?

AG: Io credo sia una ferita. Qualcosa che probabilmente ho incontrato in qualche parte del mondo per poi perderla.

Come diceva Platone “siamo caduti dalle stelle e ora guardiamo il cielo stellato, perché quella è la nostra casa e la nostra origine. Da lì veniamo e noi abbiamo nostalgia di quel mondo”. Credo nella ferita di sentirci esseri imperfetti, provenienti da questo altro mondo perfetto, – che può essere l’utero di nostra madre -. Poi siamo venuti al mondo, come dice Platone, “caduti dalle stelle”. Da lì, già dalla nostra culla, abbiamo visto un mondo imperfetto e forse ci è rimasto dentro questo desiderio di Bellezza, questa nostalgia.

È la ferita per tornare all’origine. Noi abbiamo tante ombre dentro di noi e cerchiamo di portarle alla luce, di liberarcene, ma questo compito è davvero impossibile per l’essere umano. Eppure tendiamo istintivamente alla perfezione e siamo alla continua ricerca della Bellezza (Anche se naturalmente la Bellezza è a sua volta imperfezione).

In cuor mio spero di non abbracciarla mai perché vorrebbe dire che il mio viaggio è finito. Mentre così, cercando, continuo a rimanere vivo.

GA: Lei è un docente di PNEI. Che cos’è la PNEI?

AG: La PNEI ovvero la PsicoNeuroEndocrinoImmunologia, disciplina che studia il nostro network biologico ed il suo rapporto con l’ambiente in cui viviamo ponendo in stretta connessione Psiche, sistema Nervoso, sistema Endocrino e sistema Immunitario; in poche parole sostiene che non siamo figli solo del nostro DNA. Su quel DNA possiamo lavorare con la nostra esperienza di vita. Noi nasciamo come copie dei nostri genitori ma andremo a morire ORIGINALI, cioè alla fine saremo cambiati. L’esempio che hanno  fatto i tre Nobel per la Fisiologia e la Medicina  J. C. Hall, M. Rosbash e M. W. Young usando la metafora del computer: “I nostri genitori ci hanno regalato un computer molto bello, con una memoria potente, e questo computer dovremo tenerlo con noi per tutta la vita. Durante il percorso della nostra esistenza, al suo interno installeremo dei programmi e delle applicazioni nuove in relazione alle esperienze e agli incontri che avremo fatto. E quando finiremo il viaggio, avremo ancora tra le braccia quel computer, che però non sarà più quello iniziale”.

GA: La tecnologia ci sta rendendo schiavi apparentemente felici, sempre più alienati dietro a schermi di ogni dimensione, sempre più privi di relazioni sociali e umane, di contatto. Vittime di un sistema che nella pandemia trova la sua ragione di essere, ma è un processo iniziato da anni. Se la Bellezza vive e si nutre di relazioni, come sarà il futuro dei nostri giovani? Quali saranno le nuove dinamiche? Gli schermi potranno sostituire le reali esperienze diretta della Bellezza?
Anna Wiener nel suo libro “La valle oscura” racconta la vita nella Silicon Valley dei 400 ragazzi geni informatici che stanno ridisegnando il nostro futuro. Ci parla di un sistema guidato dall’algoritmo, il nostro dittatore globale che ci parla di alienazione. Cosa ne pensa prof. Gezzi? Ci sarà una via di scampo?

AG: Credo di no, non lo dico con rammarico. Io rappresento l’umano di questo tempo, sono solo un anello di una catena iniziata in Africa milioni di anni fa. Ma quella catena è ancora molto lunga e la storia dell’uomo si riscrive continuamente.

La domanda è: dove siamo diretti? Il mio sospetto è che siamo diretti alla casa da dove veniamo. Di nuovo dalle stelle. Probabilmente ci stiamo preparando a un grande Big Bang. Per fare questa cosa è necessaria una tecnologia avanzatissima che inevitabilmente avrà ripercussioni sui rapporti umani. Non dobbiamo avere paura di parlare di queste cose. Però bisogna anche chiedersi: che tipo di rapporti umani ci sono stati fino ad oggi? Pensiamo ad Auschwitz, alle guerre in Bosnia, in Cecenia, in Afghanistan…alla bomba di Hiroshima. Lasciatemi dire che possiamo anche  immaginare di avere ALTRI rapporti umani e non dobbiamo scandalizzarci di quello che accadrà.